Il posto delle fragole

in direzione ostinata e contraria

La Nostra Vita

Claudio è un operaio edile trentenne che lavora nei cantieri della periferia romana. E’ felicemente sposato con Elena, ha due figli ed un terzo in arrivo. La morte di parto della moglie stravolgerà la sua vita portandolo a tuffarsi sul lavoro – tenterà di fare il subappaltatore con i rischi e le vicissitudini che ne conseguiranno -, per dare ai suoi figli tutto quello che desiderano e non hanno mai avuto: in una parole delle cose che sostituiscano l’affetto e riempiano il vuoto lasciato dalla madre. Quello di Luchetti è un gran bel film, a suo modo neorealista nel descrivere schiettamente dei personaggi veri, non banali, con tutti i loro difetti e che racconta una storia paradigmatica dell’Italia di oggi – sintetizzata dalla donna russa in una battuta: “ Voi italiani pensate solo ai soldi” -, di quello che siamo diventati, di un Paese dove è più importante l’apparire che l’essere, possedere delle cose anche a costo di andare oltre i limiti, sia economici che morali. Storia molto ben raccontata, trascinata da Elio Germano alla sua definitiva prova di maturità attoriale (giustamente premiato a Cannes) e con uno splendido gruppo di attori al contorno, tra tutti Luca Zingaretti con i capelli lunghi (un pusher dal volto umano capace anche di accudire un bambino) e Raoul Bova nel ruolo del fratello bamboccione, vigile urbano impacciato con le donne ma dal cuore d’oro. Bella la colonna sonora e splendida la scena del funerale pop. Uno dei migliori film italiani degli ultimi anni.

Piero

giugno 4, 2010 Posted by | Cinema | , , , , , , | Lascia un commento

Alza la Testa

Veramente sorprendente l’opera seconda di Alessandro Angelini, un film dal soggetto che vagamente ricorda il capolavoro (uno dei tanti) di Clint Eastwood Million Dollar Baby – la voglia di riscatto attraverso la boxe, ma anche i rapporti umani e il confronto con la morte che spezza una vita nel pieno del suo fulgore -, con Antonio Mero (Sergio Castellitto, premiato al Festival del cinema di Roma con il Marc’Antonio come miglior attore) splendido nel ruolo di padre allenatore che forgia giorno per giorno il figlio Lorenzo, avuto da una relazione con una donna albanese, crescendolo sul piano umano e su quello sportivo, fino all’evento drammatico che stravolge tutto. Nella prima parte c’è la vita di periferia – il film è ambientato a Fiumicino dove Antonio lavora in un’impresa di costruzioni navali – descritta con bel realismo, gli amici, la palestra arrangiata, l’integrazione razziale non sempre facile, ma è nella seconda parte la vera sorpresa. Quando il protagonista si trova, da solo, a dover affrontare delle scelte drammatiche tra la donazione di organi, l’elaborazione del lutto, la difficoltà di accettare che la vita di suo figlio possa proseguire nel corpo di uno sconosciuto. E’ commovente soprattutto il graduale passaggio dal totale rifiuto dell’altro, all’accettazione forzosa, fino alla piena condivisione, proprio come fosse un vero figlio, cui insegnare con coraggio ad alzare la testa, per l’appunto. Bravo l’esordiente Gabriele Campanelli e il solito Giorgio Colangeli, l’amico più intimo del protagonista. Finale a suo modo poetico e scanzonato, bello.

 

Piero

 

Veramente sorprendente l’opera seconda di Alessandro Angelini, un film dal soggetto che vagamente ricorda il capolavoro (uno dei tanti) di Clint Eastwood Million Dollar Baby – la voglia di riscatto attraverso la boxe, ma anche i rapporti umani e il confronto con la morte che spezza una vita nel pieno del suo fulgore -, con Antonio Mero (Sergio Castellitto, premiato al Festival del cinema di Roma con il Marc’Antonio come miglior attore) splendido nel ruolo di padre allenatore che forgia giorno per giorno il figlio Lorenzo, avuto da una relazione con una donna albanese, crescendolo sul piano umano e su quello sportivo, fino all’evento drammatico che stravolge tutto. Nella prima parte c’è la vita di periferia – il film è ambientato a Fiumicino dove Antonio lavora in un’impresa di costruzioni navali – descritta con bel realismo, gli amici, la palestra arrangiata, l’integrazione razziale non sempre facile, ma è nella seconda parte la vera sorpresa. Quando il protagonista si trova, da solo, a dover affrontare delle scelte drammatiche tra la donazione di organi, l’elaborazione del lutto, la difficoltà di accettare che la vita di suo figlio possa proseguire nel corpo di uno sconosciuto. E’ commovente soprattutto il graduale passaggio dal totale rifiuto dell’altro, all’accettazione forzosa, fino alla piena condivisione, proprio come fosse un vero figlio, cui insegnare con coraggio ad alzare la testa, per l’appunto. Bravo l’esordiente Gabriele Campanelli e il solito Giorgio Colangeli, l’amico più intimo del protagonista. Finale a suo modo poetico e scanzonato, bello.

Piero

novembre 16, 2009 Posted by | Cinema | , , , | 1 commento