Il posto delle fragole

in direzione ostinata e contraria

Noi credevamo

Ispirato al libro omonimo di Anna Banti, il film abbraccia il periodo che va dai moti del Cilento del 1828, repressi nel sangue dai Borbonici, al 1864 in cui Francesco Crispi, rinnegando gli ideali rivoluzionari e repubblicani, esalta in parlamento la monarchia sabauda. Il Risorgimento è affrontato con crudo realismo, senza enfasi epica, ma con il pregio di partire da storie di eroi di secondo piano – Cavour non c’è, Mazzini (Toni Servillo) è mostrato come un teorico freddo e spietato, quasi fuori dal mondo, che non esita a mandare a morire degli innocenti – per raccontare un pezzo troppo importante della nostra storia per lasciarlo alla visione scolastica opportunamente edulcorata. Nel film di Mario Martone, fortemente e magnificamente politico, ci sono in nuce tutti i contrasti e le contraddizioni che ancora oggi rendono il processo risorgimentale non completato. Poveri contro ricchi – Domenico (Luigi Lo Cascio) e Angelo (Valerio Binasco) provengono da famiglie agiate mentre Salvatore è di estrazione popolare –, il Nord contro il Sud, le elite colte staccate dal popolo, che del resto, in fondo, disprezzano. Splendida la fotografia, quasi tre ore senza cedimenti di livello (nonostante alcuni tagli) in un film splendido, di quelli che andrebbero mostrati nelle scuole. E malinconica la chiusura con il protagonista che, constatato l’ennesimo tradimento di quegli ideali così puri, afferma “Noi credevamo”.

Piero

novembre 29, 2010 Posted by | Cinema | , , , , , | Lascia un commento

L’ Intervista

Valerio Binasco porta in scena in questi giorni al Teatro Eliseo di Roma L’Intervista, un testo teatrale di Natalia Ginzburg scritto nel 1989. La storia, o meglio il pretesto narrativo, è quella di un giornalista che tenta di intervistare uno scrittore famoso, presentandosi da lui per tre volte nell’arco di dieci anni. In realtà si parla dei rapporti di confidenza, amicizia, amore e disamore, che si instaurano quasi spontaneamente tra persone sconosciute: il giornalista (interpretato dallo stesso Binasco), la compagna dell’intervistato (Maria Paiato, bravissima), e la di lui sorella Azzurra Antonacci. Sullo sfondo l’Italia del decennio 1978-1988, ma l’attenzione è tutta sui personaggi – del resto tutto si svolge all’interno di una stanza – e sulla loro evoluzione anche fisica nel corso degli anni. Scenografia particolare, che forse vagamente ricorda una delle costruzioni impossibili di Escher, e si staglia su fondali di colore diverso a testimoniare il passaggio delle stagioni. Dopo aver concluso con Un Giorno D’Estate la trilogia dedicata al drammaturgo norvegese Jon Fosse, Valerio Binasco si conferma con questa ottima regia – oltre che in una bella interpretazione – nella quale agli spunti comici, anche molto brillanti, fa da contrappunto una malinconia di fondo per il tempo che passa e per le occasioni perse.

febbraio 25, 2009 Posted by | Teatro | , , | Lascia un commento