ACAB
Dal libro omonimo di Carlo Bonini, uno spaccato impietoso della società italiana contemporanea attraverso le storie private di tre poliziotti (Cobra, Negro e Mazinga) del reparto Celere di Roma che si intrecciano con gli ultimi dieci anni di cronaca e storia italiana. Dai ricordi comunque dolorosi del G8 di Genova, ai periodici scontri negli stadi e nei cortei di protesta, il disgregarsi sempre più evidente di un tessuto sociale già logoro e la complessità di una tensione sempre sul punto di esplodere. Immigrazione, violenza, solitudine, povertà morale e materiale, insomma tutto il degrado sociale che viviamo – anche se spesso lo ignoriamo – in una storia tecnicamente raccontata in modo impeccabile, narrata in maniera asciutta, dove non vince nessuno e tutti sono compromessi.
Da vedere per ragionare senza pregiudizi su qualcosa che ci riguarda molto da vicino.
Piero
Io, loro e Lara
Un prete missionario con una fede barcollante, torna a casa in cerca di nuove motivazioni. Troverà una famiglia allo sbando: il padre (Sergio Fiorentini) che indossa improbabili parrucchini ed è follemente innamorato della badante moldava; la sorella psicologa (Anna Bonaiuto, forse la migliore attrice italiana, a suo agio anche in un ruolo comico), nevrotica e alle prese con una figlia emo; il fratello, broker e cocainomane (Marco Giallini). In tutto ciò si inserisce Lara (Laura Chiatti, che se la cava bene nella parte non facile di mamma dalla doppia vita), la figlia della badante di cui sopra – sottoposta al giudizio dell’assistente sociale (Angela Finocchiaro, forse l’unico personaggio che non vive un lieto fine) che deve decidere del destino suo e del figlio -, che irrompe in maniera devastante nella vita famigliare. I caratteri della commedia all’italiana ci sono tutti ma ben declinati, accentuati il giusto da un bel gruppo di attori, in un film comunque corale, in cui si ride molto ma che sembra essere soprattutto un elogio della comprensione e della condivisione, l’esortazione ad andare oltre le barriere sociali e culturali. Verdone dirige bene, come attore usa toni discreti, mai sopra le righe, ben lontano dalle sue macchiette, in un film piacevole, magari anche troppo buono nel valutare i suoi personaggi, ma prendiamolo per un auspicio speranzoso.
Piero
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