Il posto delle fragole

in direzione ostinata e contraria

La bellezza del somaro

Famiglia borghese, romana, di sinistra. Lui (Sergio Castellitto) architetto di successo, con amante da cantiere, lei (Laura Morante) psicologa di un ASL scalcinata con tanto di pazienti al seguito. Figlia diciassettenne ribelle e viziata che finirà per innamorarsi di un settantenne, un elegante e saggio Enzo Jannacci. E in più una scalcinata compagnia di familiari e amici più o meno realizzati nel lavoro quanto fallimentari nella vita privata e nell’educazione dei propri figli. Tutti gli elementi, e un po’ gli stereotipi, di una classica commedia italiana che però, oltre al tradizionale confronto generazionale, possiede almeno altri due elementi interessanti. Una chiave volutamente eccessiva e quasi parodistica nelle caratterizzazioni – bella quella della domestica-ingegnere comunista che a pugno chiuso grida “Grazie Presidente!” – che almeno evita di prendersi troppo sul serio, e l’idea di affrontare un tema ancora tabù come quello della vecchiaia. Ormai tutto può essere accettato, anche il fidanzatino di colore, (che anzi è di tendenza), ma non la vecchiaia che tutti rifuggono giocando a fare i giovani fuori tempo massimo. La bellezza del somaro (tratto da un racconto di Margaret Mazzantini) è un bel film con fondo dolceamaro che allude al fascino di ciò che è diverso, magari anche non perfettamente riuscito, ma proprio per questo interessante.

Piero

gennaio 2, 2011 Posted by | Cinema | , , , , , | Lascia un commento

Alza la Testa

Veramente sorprendente l’opera seconda di Alessandro Angelini, un film dal soggetto che vagamente ricorda il capolavoro (uno dei tanti) di Clint Eastwood Million Dollar Baby – la voglia di riscatto attraverso la boxe, ma anche i rapporti umani e il confronto con la morte che spezza una vita nel pieno del suo fulgore -, con Antonio Mero (Sergio Castellitto, premiato al Festival del cinema di Roma con il Marc’Antonio come miglior attore) splendido nel ruolo di padre allenatore che forgia giorno per giorno il figlio Lorenzo, avuto da una relazione con una donna albanese, crescendolo sul piano umano e su quello sportivo, fino all’evento drammatico che stravolge tutto. Nella prima parte c’è la vita di periferia – il film è ambientato a Fiumicino dove Antonio lavora in un’impresa di costruzioni navali – descritta con bel realismo, gli amici, la palestra arrangiata, l’integrazione razziale non sempre facile, ma è nella seconda parte la vera sorpresa. Quando il protagonista si trova, da solo, a dover affrontare delle scelte drammatiche tra la donazione di organi, l’elaborazione del lutto, la difficoltà di accettare che la vita di suo figlio possa proseguire nel corpo di uno sconosciuto. E’ commovente soprattutto il graduale passaggio dal totale rifiuto dell’altro, all’accettazione forzosa, fino alla piena condivisione, proprio come fosse un vero figlio, cui insegnare con coraggio ad alzare la testa, per l’appunto. Bravo l’esordiente Gabriele Campanelli e il solito Giorgio Colangeli, l’amico più intimo del protagonista. Finale a suo modo poetico e scanzonato, bello.

 

Piero

 

Veramente sorprendente l’opera seconda di Alessandro Angelini, un film dal soggetto che vagamente ricorda il capolavoro (uno dei tanti) di Clint Eastwood Million Dollar Baby – la voglia di riscatto attraverso la boxe, ma anche i rapporti umani e il confronto con la morte che spezza una vita nel pieno del suo fulgore -, con Antonio Mero (Sergio Castellitto, premiato al Festival del cinema di Roma con il Marc’Antonio come miglior attore) splendido nel ruolo di padre allenatore che forgia giorno per giorno il figlio Lorenzo, avuto da una relazione con una donna albanese, crescendolo sul piano umano e su quello sportivo, fino all’evento drammatico che stravolge tutto. Nella prima parte c’è la vita di periferia – il film è ambientato a Fiumicino dove Antonio lavora in un’impresa di costruzioni navali – descritta con bel realismo, gli amici, la palestra arrangiata, l’integrazione razziale non sempre facile, ma è nella seconda parte la vera sorpresa. Quando il protagonista si trova, da solo, a dover affrontare delle scelte drammatiche tra la donazione di organi, l’elaborazione del lutto, la difficoltà di accettare che la vita di suo figlio possa proseguire nel corpo di uno sconosciuto. E’ commovente soprattutto il graduale passaggio dal totale rifiuto dell’altro, all’accettazione forzosa, fino alla piena condivisione, proprio come fosse un vero figlio, cui insegnare con coraggio ad alzare la testa, per l’appunto. Bravo l’esordiente Gabriele Campanelli e il solito Giorgio Colangeli, l’amico più intimo del protagonista. Finale a suo modo poetico e scanzonato, bello.

Piero

novembre 16, 2009 Posted by | Cinema | , , , | 1 commento

Tris di Donne e Abiti Nuziali

Bel film gradevole, di certo non originalissimo nello spunto di partenza, e sorretto dal solito Castellitto (l’erede di Marcello Mastroianni, questa l’avete già sentita), formidabile nel passare attraverso ruoli anche completamente antipodici pur rimanendo se stesso. La storia è quella di un impiegato delle Poste in pensione, con il vizio del gioco – poker, corse dei cavalli, Lotto, non fa differenza – padre e marito a suo modo affettuoso ma di certo non esemplare. Il matrimonio della figlia farà drammaticamente emergere tutti i problemi a stento nascosti fino a quel momento. Film malinconico sul gioco come metafora del voler rimanere se stessi – giocatori, appunto, e non professionisti – con finale un po’ triste ma in fondo speranzoso.

Piero

settembre 30, 2009 Posted by | Cinema | , , | Lascia un commento